mercoledì 7 marzo 2012

(da Quindici OnLine) Truck Center, Molfetta ricorda le vittime della cisterna avvelenata: stop alle morti bianche e sia fatta giustizia



MOLFETTA - «Ricchezza dei padroni, sangue dei lavoratori - Stop alle morti sul lavoro» recitava così uno dei tanti striscioni esposti dalla diverse associazioni, movimenti, partiti e sindacati che hanno partecipato ieri a Molfetta al corteo organizzato dal Comitato «3 marzo» in occasione del quarto anniversario della strage della Truck Center avvenuta il 3 marzo 2008 quando persero la vita Guglielmo Mangano, di 44 anni e, nel tentativo di salvarlo, i colleghi Michele Tasca, di 19 anni, Luigi Farinola, di 37 anni, l’autotrasportatore Biagio Sciancalepore (dipendente di una società di trasporti che lì custodiva i mezzi), di 24 anni, e Vincenzo Altomare, di 64 anni, amministratore della stessa Truck Center. Unico superstite, ferito, Cosimo Ventrella.
Lo striscione emblematico, sintetizza e unisce lo spirito delle circa 500 persone presenti alla manifestazione. Tutta gente che ha voluto gridare all’unisono il proprio sdegno per la beffarda sentenza di assoluzione dell’Eni nel processo bis con rito abbreviato.
Il corteo ha avuto inizio dalla stazione ferrovia e si è snodato lungo le vie della città accompagnato da grida, canti e slogan lanciati dai tanti studenti presenti che hanno reso il clima festoso e pacifico. E’ intervenuto anche il sindaco Antonio Azzollini con qualche esponente della giunta di centrodestra, che però, hanno abbandonato il corteo prima del comizio finale, a conferma di una presenza solo formale e non partecipata.
La gioviale presenza dei giovani si è trasformata in ossequioso silenzio quando in piazza Municipio Stefano Sciancalepore, padre di una delle vittime e principale promotore del comitato, ha espresso la propria indignazione per l’inammissibile sentenza del tribunale di Trani «occorre giustizia per cinque vite spezzate, il giudice dice che non ci sono prove sufficienti per condannare l’Eni, ma cinque morti non rappresentano una prova? Non si può ammazzare la gente per attuare politiche di contenimento dei costi».
Ancora più decise sono le dichiarazioni di Giuseppe Filannino, coordinatore Cgil Molfetta «il mondo del lavoro è falcidiato dalla guerra di resistenza creatasi per sopperire allo sfruttamento, siamo diventati schiavi del potere economico, ma non dobbiamo soccombere, non ci si può vendere al sistema e ad un governo che non tutela i lavoratori».
Gli ha fatto eco Pino Gesmundo, segretario generale Cgil Puglia, ringraziando principalmente i tanti giovani presenti e invitandoli a «diventare una speranza per un Paese in cui un giovane su 3 non ha lavoro, dove gli omicidi sul lavoro vengono messi nel dimenticatoio. Viviamo in un Italia vessata dall’assenza di diritto al salario e da 46 tipologie di lavoro che rendono la vita stessa precaria. Ebbene solo attraverso l’entusiasmo delle nuove generazioni possiamo riappropriarci della prospettiva di un mondo diverso e rivendicare il diritto al lavoro stabile e sicuro».
Un’analisi che non fa un piega, avvalorata dalle impietose cifre che parlano di tre morti sul lavoro al giorno e di mille all’anno, in una nazione sull’orlo del collasso, nella quale il lavoratore è soggetto alle angherie di un sistema economico, politico e sociale promulgatore di riforme che ne erodono i diritti. Nelle logiche di mercato anche la vita viene mercificata, assume un infimo valore, si scarica il peso di questi eventi luttuosi ad improbabili fatalità che celano le reali responsabilità permettendo ai veri colpevoli di restare impuniti.
Per far fronte a tutto questo, il Comitato «3 marzo» non si ferma e sarà presente il 3 aprile prossimo all’udienza contro la Nuova Solmine, azienda collaboratrice dell’Eni, per continuare a lottare affinché sia fatta veramente giustizia.

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Davide Fabiano

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